sabato 14 settembre 2013

Η Μονή Σταυρονικήτα – Una finestra sull’Egeo

Calcidica, regione della Grecia nord orientale:
la penisola del Monte Athos è la regione più a est
  Dopo un tentativo disperato mi dicono che sì, anche io posso andare sul Monte Athos. Non ero sicuro di volerlo visitare: il consiglio di un amico, l’occasione irripetibile, la voglia di vedere questo posto proibito alle donne e la curiosità di capirne la ragione mi hanno fatto cambiare idea.
   Si parte presto. A Ouranopoli ci danno il permesso di imbarcarci, prima di salire sulla nave mi fanno cambiare: solo pantaloni lunghi. Anche ad agosto. Nessun problema, mi cambio in un furgone. Via. Arriviamo a mezzogiorno a Dafni, principale porto della penisola. Siamo in nove, divisi in tre squadre. Con me un madrileño, Javier, e un pechinese, Luo. Le squadre si dividono, ognuna visiterà diversi monasteri. Il nostro programma dice che da Dafni, sponda occidentale, dobbiamo dirigerci al Monastero Stavronikita, sponda orientale. Bene. Anzi, male. Con la nave non è possibile. L’unico autobus che fa quella strada è già partito. Le altre due squadre sono già via. Taxi introvabili… Decidiamo di sederci ad un bar e mangiare: non so per quale ragione ma ogni volta che mi si complicano i piani do la priorità allo stomaco. 
   Il sole di metà agosto e di mezzogiorno ci fa capire che andare a piedi non è una buona idea: 16 chilometri con zaini sulle spalle, poca acqua, quasi 40 gradi. Ci incamminiamo: le pessime idee hanno sempre un loro fascino. Salvo rivelarsi pessime idee. Dopo un’ora di bestemmie una casetta sul ciglio della strada accanto all’entrata di un monastero ci sembra una manna scesa dal cielo. Ci fermiamo all’ombra in attesa di una macchina, un taxi, un autobus, un qualcosa su quattro ruote che ci porti per lo meno a Kariès, capitale della penisola del Monte Athos, sulle montagne. Javier sembra il più inquieto, è il caposquadra, conosce il greco meglio di me e Luo, che invece attende tranquillo che la situazione migliori. Dei passanti ci danno un numero di un taxi. Javier telefona e ritelefona: è fatta. Aspettiamo ancora mezzora, il taxi arriva. I chilometri in salita fino a Kariès ci convincono di quanto fosse pessima l’idea di andare a piedi. Arriviamo alla piccola capitale intorno alle sedici. Compriamo dell’acqua, qualcosa da mangiare. Su una panchina decidiamo cosa fare: la priorità è arrivare al monastero prima che faccia buio, da lì dista alcuni chilometri, ma sono in discesa. Cartina alla mano, cominciamo di nuovo a camminare.
   Il nostro greco, in generale non ancora molto sicuro, non ci permetteva lunghi discorsi. Sul finire di quella lunga giornata le parole erano rare, anche per la stanchezza. Era la mente a fare i suoi discorsi: “Ma che cazzo ci sono venuto a fare io qui?, polvere, caldo, fatica, niente ragazze… e loro vogliono pure venirci qui! A fare cosa poi? Vai a capirle…”.
Scendendo verso la costa orientale della penisola ammiro a sud la cima maestosa del Monte Athos, attorno a me solo castagni: sembra di stare nella mia Calabria. Dopo più di un’ora e mezza eccoci arrivati: il monastero è un piccolo gioiello incastonato nella tranquillità, duecento metri sul mare, duecento metri dal bosco. 

   I monaci sono in chiesa, è l’ora della messa serale. Entriamo anche noi in chiesa, assetati e affamati. Recitano parole a me incomprensibili nel buio di quelle mura affrescate con la vita dei santi. Non resisto più di venti minuti: tra stanchezza e fame potrei nominare invano qualcuno a loro caro. Mi faccio un giro attorno al monastero: però, che natura incontaminata! Mare, montagna, tranquillità. Un monaco ci invita a rientrare in chiesa: tiro fuori le ultime briciole di pazienza per mostrare un minimo di rispetto. Sono le sette di sera, finisce la liturgia. Sono ancora fermo con il mio zaino all’entrata. Un monaco ci fa segno di avvicinarci, ci indica una porta: ci offrono la cena. Entro, riconosco i volti di altri pellegrini visti prima durante la funzione, mi siedo vicino a loro. Davanti a me un piatto abbondante di fagioli con verdure varie. Prego. Prego perché la preghiera pre-pasto finisca il più in fretta possibile. Ringrazio Dio e mi metto all’opera.
   Un lungo respiro dopo l’ultimo boccone chiude la mia cena. Un monaco ci indica il nostro alloggio, saliamo: ultimo piano, con le finestre sul mare Egeo che guardano a oriente, all’alba. Sotto di noi un burrone di duecento metri e il mare… il mare, la montagna, la tranquillità, cibi sani, niente donne… comincio a capirli, questi monaci. 
   Vado a letto, voglio svegliarmi presto, l’alba dalla mia finestra sull’Egeo sarà indimenticabile. (Secondo giorno)



Monastero Stavronikita, Monte Athos, 16/08/2013

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