sabato 25 ottobre 2014

Lisbona e le sue forme

   Il sole. Ecco la prima cosa che mi viene in mente quando ripenso ai giorni a Lisbona, il sole. Anche se devo ammettere che i dislivelli hanno un gran potenziale nella classifica dei ricordi più impattanti. Lisbona è tanto, vecchio e nuovo insieme. È una città veloce come lo sono tutte le capitali, eppure sembra muoversi lentamente, con i vecchi tram che si arrampicano tra le viuzze ripide, che praticamente noi abbiamo sempre percorso a piedi.
   Il primo impatto non è stato così magico come ce lo aspettavamo, ma in effetti eravamo reduci da una città che ci ha rubato il cuore per convincerci a tornare a riprendercelo. La prima camminata, fortunatamente in discesa anche se per poco, ci circondava di palazzi moderni e altissimi, niente a che vedere con le piccole casine azzurre di Oporto.
   Ben presto, sempre grazie alla discesa, ci troviamo in una piazzetta, è più piacevole. Un lato è chiuso da un edificio piccolo ma tanto particolare da attirare la nostra attenzione. Ci entriamo. È una stazione, la Estação do Rossio, uno scheletro di metallo rosso all’interno crea la struttura, mentre l’esterno è caratterizzo da un rivestimento chiaro lavorato in basso rilievo sulla facciata principale, dove due arcate incrociate ti danno il benvenuto. Dopo una pausa gelato, il primo giorno a Lisbona continua con un viaggio verso la costa, il sole ci accompagna, così come tantissimi ragazzi che, interamente vestiti di nero, suonano il Fado e cantano delle canzoni tanto allegre da farci ballare per tutto il tempo.
   La tappa lucertole spiaggiate sui gradini del litorale è obbligatoria. Dopodichè, cominciamo la salita. Stradine incredibilmente ripide si susseguono fino a portarci alla Sé Catedral. Una cattedrale così diversa da quello a cui siamo abituati, così umile ma così suggestiva alla stesso tempo. Niente oro, niente sfarzo, solo pietra illuminata dalle finestre poste alla fine dell’abside.
   Una volta fuori ci accorgiamo che è già ora di cena e come per magia ci ritroviamo in un caffè sulla strada il cui menu ci aveva decisamente convinto. I piatti sono zuppa fredda di legumi, servita con pesto ed olio d’oliva, e baccalà con patate. La simpatia del proprietario ci convince che i portoghesi sono davvero bella gente, ed il pensiero è confermato dalle mini sfoglie ripiene di carne che ci vengono offerte a fine pasto. Quella cena resterà nella storia. La prima giornata si conclude con una passeggiata, ancora una volta in salita, che ci porta al Castelo de São Jorge, di cui però vediamo solo i cancelli chiusi.
   Il secondo giorno comincia prestissimo e ancora una volta è il sole che ci dà il buongiorno. Passeggiamo sul litorale, coi tanti monumenti che si affacciano sul mare. Il primo che vediamo è Padrão dos Descobrimentos (Monumento alle scoperte), una torre che si affaccia sul mare e che ha alla base i naviganti stessi che volgono lo sguardo verso l’orizzonte. La torre dà su una piazzetta la cui pavimentazione attira la nostra attenzione: si tratta del mondo, un enorme cartina rappresentante i continenti è al di sotto dei nostri piedi pronta ad essere esplorata dai tanti turisti eccitati.
   La nostra esplorazione ci porta invece alla seconda torre, un monumento più grande, un edificio, la Torre de Belém, posta quasi su un isolotto in mezzo all’acqua. I paesaggi che la circondano sono splendidi. Il fiume Tejo da una parte, i prati dall’altra, dove sono quasi certa di aver visto dei piccoli ulivi.
   Il pomeriggio, lo storico lascia lo spazio al nuovo. A partire dalla Gare do Oriente ci inoltriamo nella parte moderna della città, la zona interessata dalla Expo del 1998, in cui la parola chiave è evidentemente Architettura. La stazione è di Calatrava, il cui segno è visibilissimo nella copertura esterna, sorretta da delle sorta di alberi metallici che coprono tutta l’area dei binari. La parte sottostante, si sviluppa interamente in calcestruzzo, volutamente lasciato grezzo. Il linguaggio architettonico va lentamente modificandosi mentre attraversiamo la galleria commerciale che ci porta nel cuore della Expo.
    Anche il centro commerciale è minuziosamente studiato nei dettagli. La strutture metallica sorregge tramite delle travi arcuate un tetto a doppio vetro che, per evitare l’effetto serra, viene attraversato tra le due vetrate da acqua in continuo scorrimento. Una volta fuori dalla galleria lo spettacolo è bellissimo. I padiglioni dell’expo si trovano di fronte a noi, dietro di essi il fiume e la seggiovia, a sinistra la torre ed il ponte Vasco de Gama, a destra l’Oceanário.
   Ci spostiamo tra questi giganti all’interno dell’area chiamata Parque das Nações. Le costruzioni si sviluppano soprattutto in lunghezza, creando come dei passaggi e movimentando la passeggiata, grazie a coperture curvilinee, materiali diversi e  forme che riportano al tema della Expo, l’oceano. Lo sfondo è evidentemente un tributo a Vasco de Gama, in primis grazie al ponte strallato e, successivamente, alla Torre, la cui  forma ricorda la vela di una caravella, grazie ad una struttura metallica reticolare posta in verticale e conformata all’immagine di una vela modellata dal vento.
   Il padiglione del Portogallo, di Álvaro Siza, regala, grazie alla forma dettagliatamente studiata dall’architetto, un atmosfera affascinante. La costruzione crea un enorme portico, una gigantesca piazza, coperta da un foglio di calcestruzzo leggermente curvato e poggiato sui portici laterali marmorei. È tantissima la gente che sta dentro al padiglione, ci siamo anche noi, che dall’esterno percepiamo la costruzione come una sorta di cornice, una polaroid con all’interno lo sfondo mozzafiato dell’acqua e, dell’altra parte, la costa. 
   Il terzo giorno ci trova stanchi ma con ancora la voglia di vedere più cose possibile. Dedichiamo la mattina a Sintra, dove arriviamo in treno. Piccola cittadina a ovest di Lisbona, si sviluppa lungo i fianchi di una montagna. Sin dal XIX secolo sede dei re portoghesi, ci colpisce subito per la tranquillità: ha tutta l'aria di un posto incantevole, pronto a sorprenderti ad ogni angolo. Per visitarla bene occorrerebbero due giorni, noi abbiamo mezza giornata. Il momento delle scelte stabilisce la nostra meta: Quinta da Regaleira
   La Quinta ci da il benvenuto come se fossimo all’interno di una fiaba. Il palazzo, costruito da un architetto italiano, è circondato da un bellissimo parco, che conferisce a tutta la situazione un’enfasi non da poco. Cominciamo il giro dal palazzo, le stanze si susseguono per 3 piani. Dai soggiorni alle sale dei banchetti è evidente la ricchezza della costruzione. Le pareti addobbate da strucchi e pitture, presentano alcune tele raffiguranti i disegni tecnici, i dettagli schizzati completamente a mano dall’architetto Manini. La stanza che più ci colpisce è la libreria.
Uno studio apparentemente banale, le cui pareti sono interamente formate da scaffali di libri. Sembra di stare all’interno di una scatola. Il pavimento, in legno, ricoperto da una moquette rossa, riserva una inaspettata sorpresa: ci troviamo come su un tappeto volante, il pavimento galleggia. Tra il pavimento e le pareti è posta una lastra di vetro, uno specchio che crea una dimensione illimitata, il gioco di immagini è un continuum tra realtà ed illusione che circonda la base della scatola in cui ci ritroviamo. Fuori dal castello ci aspetta un’escursione tra grotte, castagni e torri. Il resoconto è una totale immersione nella natura, una busta di castagne raccolte sul percorso, una serie infinita di gradini per uscire da dei bellissimi pozzi stile Reame boscoso direttamente da Il signore degli anelli, tante paperelle e 5 ore di camminata.
   Nel primo pomeriggio il treno ci riporta a Lisbona. A due cose abbiamo deciso di non rinunciare, nonostante le gambe a pezzi: salire per il tramonto al Castelo de São Jorge trovato chiuso due giorni prima e visitare le Ruinas do Carmo. Cominciamo dalle Ruinas. La più grande chiesa gotica dell’epoca, nonché forte testimonianza del terremoto che colpì Lisbona nel 1755. La chiesa è in realtà una rovina semi distrutta, manca dell’intera copertura. Tutto ciò che costituisce la chiesa è l’ossatura, una processione di archi gotici, ancora interamente posizionati uno dietro l’altro, per 3 navate. Il nostro tetto è il cielo di Lisbona. Ciò che ci circonda è la pietra, una costruzione ricca di identità sebbene messa duramente alla prova dalla storia della città. E’ forse il monumento più affascinante e toccante che abbiamo avuto la fortuna di vedere.
   Il Castelo de São Jorge è il saluto che Lisbona ci concede. Una edificazione medievale, povera nel contenuto poiché costituita solo da alte mura difensive e torri. La sua funzione di controllo su tutta la città ci permette di godere di una vista mozzafiato. Ripercorriamo con lo sguardo tutta la strada che abbiamo fatto. Creiamo con l’immaginazione una sorta di mappa, inserendo i ricordi più belli dei giorni precedenti. Restiamo molto tempo a guardarci attorno, stupendoci soprattutto delle distanze percorse senza rendercene conto.
   Il finale perfetto di una passeggiata durata 3 giorni. Il panorama dal castello è la nostra cartolina, il nostro arrivederci ad una città che difficilmente dimenticheremo, a giorni di stanchezza misti a panini, vino, sardine e tanto, tanto sole!

martedì 14 ottobre 2014

Oporto e le sponde del Douro

   Pioveva quella mattina a Oporto, mentre prendevamo un pessimo cappuccino alla stazione Campanhã in attesa del nostro treno per Lisbona. Avevamo tutti il timore di aver già visto il meglio di quanto ci si potesse aspettare dal Portogallo. Alla pioggia, quindi, si associava una sorta di dispiacere: lasciavamo una città alla quale non avevamo chiesto molto, ma che ci aveva regalato moltissimo.
In cima alla Torre dos Clérigos
   Ci eravamo arrivati due giorni prima, zaini sulle spalle e scarpe comode. Il primo contatto fu con il tassista che ci portò all'ostello. Come spesso mi è capitato, con lui si è finiti a parlare di cibo. Morale: a Oporto bisognava assaggiare la francesinha e il bacalao. La prima è una pietanza formata da tre tipi diversi di carne rossa messi uno sull'altro, poggiati su una fetta di pane, il tutto ricoperto da formaggio dolce. La seconda è baccalà. 
Capela Almas (con azulejos)
Cartina in mano si comincia a girare con il solo obbiettivo di perdersi e ritrovarsi tra quegli edifici di pietra e azulejos. È così che ci si ritrova tra gli artisti di strada in Rua Santa Catarina, al Mercado do Bolhão e alla Torre dos Clérigos, dalla quale si ha tutta la città ai propri piedi. 
   Avvicinandosi sera, cominciamo a scendere lungo i vicoli che portano alla Ribeira, la sponda nord del fiume Douro, piena di ristoranti, molto attrattiva e molto turistica: si trova a pochi passi dal ponte Luis I, opera di Eiffel, sul fiume pieno di barche proprietà delle aziende vinicole, che portano giù lungo il Douro le loro botti piene di mosto lavorato nell'entroterra, da riporre nelle cantine della sponda sud del fiume perché possa maturare.
   Non potevo lasciar scappare l'occasione di assaggiare qualche vino: in generale, tanto i vini rossi come i bianchi, hanno una gradazione molto alta, superiore ai 18% gradi, per lo più dolci, simili al passito. Come promesso al tassista, la francesinha sarebbe stata la mia cena: squisito mattone di carne, niente da dire. Ma è stato quello il momento in cui ho capito a cosa serve un vino tanto forte. 
   Il giorno successivo ci si alza presto per raggiungere una località fuori città, Matosinhos, verso ovest, di fronte all'oceano Atlantico: frazione di Oporto, è popolata soprattutto da pescatori. Il motivo che ci porta fin lì è l'opera di un architetto, Álvaro Siza, il quale ha ricavato delle piscine sulle scogliere che danno sull'oceano.
Piscinas das Marés
Scopriamo dispiaciuti che le Piscinas das Marés sono purtroppo chiuse. Ci consoliamo con quel che si vede dall'esterno e con una passeggiata sulla spiaggia.
Ponte Luis I
Il resto del pomeriggio e la sera li dedichiamo alla sponda sud del Douro. Il miglior modo per raggiungerla è passare sul ponte di Eiffel, oggi sfruttato da metropolitana, da ciclisti e pedoni. Dopo aver visitato la Sé Catedral di stile romanico, ci incamminiamo sul ponte rimanendo affascinati dalla vista panoramica che offre; ma le fredde folate di vento e un temporale in avvicinamento ci consigliano che è il momento di allungare il passo verso la teleferica. Con essa raggiungiamo subito Cais de Gaia, luogo ideale per andare alla ricerca di aziende vinicole, le quali dispongono di spazi commerciali dove fare un ottimo aperitivo.
Come promesso al tassista, è l'ora del bacalao: freddo, con olio d'oliva e qualche spezia, è tra le cose migliori che abbia mai assaggiato. Lo innaffio con un po' di vino bianco, mentre una cantante-ballerina locale ci porta l'atmosfera del Fado.
   Non avevamo fatto programmi su come passare la serata, quindi abbiamo continuato a perderci per le stradine della Ribeira e siamo risaliti fino ad una piccola piazza dove ragazzi e ragazze di una qualche scuola di ballo facevano una serata all'aperto con musica anni '30. Buttati su dei grandi cuscini di sabbia ci siamo goduti quell'allegria collettiva, mix di gente di quartiere, turisti, studenti e bidoni di sangria.
Il ponte Luis I e la Ribeira visti dalla sponda meridionale del Douro.
   Non ci aspettavamo molto da Oporto, ma ne siamo rimasti affascinati. L'ultima cosa che gli abbiamo chiesto è stato un cappuccino per la colazione: l'unico difetto in due giorni memorabili.